venerdì 12 agosto 2011

Canone Rai e la televisione che non c'è più.




Quest’oggi SPS si trasforma momentaneamente in un clone di ‘Mi manda Lubrano’. Ricordate? ‘A questo punto, una domanda sorge spontanea...’. 

L’oggetto della questione è, però: ‘mamma’ Rai.

Al momento questo Blog non è aperto ai commenti, però una e-mail per eventuali comunicazioni la metto sempre in calce ad ogni articolo, per cui chi avesse qualcosa da indicare e/o aggiungere lo può fare tranquillamente, vista la ‘popolarità’ dell’argomento trattato. Poi, se la situazione lo richiederà, potrò scrivere un aggiornamento della questione, o aprire una pagina apposita in SPS, con lo sviluppo delle 'cose' e i vostri ‘appunti’ ed esperienze sul tema.

Che ne dite? Questo è SPS, dove non c'è fine di continuità tra 'Sacro e Profano', dove ogni ambito viene osservato come una introduzione verso il suo esatto opposto al fine di esperimentare l'esistenza 3d e comprendere, in perfetta autonomia, i riflessi del 'tutto' che si affaccia su di noi ed in noi.

Allora, vado diretto al punto della disdicevole vicenda, che cade, tra l’altro, in un momento in cui la ‘crisi’ batte dura e risparmiare quegli oltre 100 euro annui, richiesti dal balzello medioevale del canone Rai, non fa proprio male.

Cercherò di essere chiaro e trasparente.

Noi (io e mia moglie) abbiamo sempre pagato il canone, sin dal 2003 da quando abbiamo deciso di vivere insieme (prima lo hanno sempre pagato i nostri genitori). Nel tempo, però, la nostra situazione relativa all’essenza del vivere, diciamo ‘sul percorso evolutivo/spirituale, ci ha portati a cambiare idea sulla quasi totalità delle mode/abitudini ‘offerte’ da questo modello sociale

Siamo cambiati in 'profondità'.

La televisione è una di quelle 'abitudini' a cui abbiamo deciso di fare a meno e, il lettore di SPS, sa molto bene che lo dico con serio convincimento. Per cui siamo andati a cercare direttamente alla ‘fonte’, ossia sul sito della Rai, come si può fare per disdire tutta la faccenda relativa al canone.

Cosa abbiamo trovato? Questa pagina tutt’ora presente sul loro sito, la quale recita che 'la disdetta dell’abbonamento, si realizza esclusivamente al verificarsi dei seguenti eventi:

•  L’abbonato cede tutti gli apparecchi detenuti dando esatta comunicazione delle generalità e indirizzo del nuovo detentore… (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246)

•  L’abbonato comunica di non detenere alcun apparecchio fornendone adeguata comunicazione (ad es. per furto o incendio)… (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246)

•  Nel caso che gli abbonati intendano rinunciare all’abbonamento senza cedere ad altri i loro apparecchi, devono presentare disdetta, entro il 31 dicembre, chiedendo il suggellamento degli apparecchi stessi. (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246) 
 
Dato che il nostro vecchio televisore versava in condizioni pietose, lo abbiamo fisicamente buttato via, trovando la ‘forza’ (visto il condizionamento sottile imposto) e prendendo lo spunto dall’introduzione alla tv digitale e del relativo ‘famoso’ decoder analogico/digitale da applicare alla vecchia tv. 

Quindi per noi il ‘secondo caso’ dei tre esplicati sul sito della Rai andava benone e rientravamo al cento per cento nella casistica, ossia:

L’abbonato comunica di non detenere alcun apparecchio fornendone adeguata comunicazione (ad es. per furto o incendio). La disdetta deve essere inviata a mezzo raccomandata Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Torino – Ufficio territoriale di Torino 1 Sportello S.A.T. Casella postale 22 – 10121 Torino (To) (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246). Anche in questo caso, successivamente all'invio della raccomandata, lo Sportello S.A.T. invierà all'abbonato un modulo di dichiarazione integrativa della disdetta che dovrà essere debitamente compilato, firmato e restituito per la definizione completa della richiesta di annullamento.

Allora mandiamo la nostra bella raccomandata prima della scadenza dell’anno 2010. Eccola:

Oggetto: disdetta dell’abbonamento privato alla televisione n.XXXXXXXX–Codice Controllo X - (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246).
 
Il sottoscritto XXXXXX XXXX intende portarvi a conoscenza di quanto in oggetto. Infatti non sono più in possesso di alcun apparecchio televisivo da mesi e non intendo nemmeno usufruirne per il futuro. Colgo l’occasione dell’ultimo guasto definitivo occorso al mio televisore. Il mio stato di disoccupazione non mi permette spese inutili.
Grazie.
Cordiali saluti.    

Sono rimasto disoccupato per circa due anni e mezzo, per una scelta particolare di ‘ri possesso del mio tempo’. Tempo che ho messo a disposizione alla mia 'crescita individuale espansa', per SPS e per terminare il mio libro ‘Prospettiva Vita’, che dovrebbe andare in stampa a settembre 2011. 

Puntualmente ricevo ugualmente da ‘mamma Rai’ la richiesta di pagamento per il canone relativo all’anno 2011. Allora riscrivo prontamente un’altra raccomandata; questa:

Oggetto: Vostra richiesta di abbonamento alla Televisione n.XXXXXXXX – Codice Controllo X.

Mi chiamo XXXXXX XXXX, residente in XXXX a XXXX (XX), e scrivo in merito a quanto espresso in oggetto. Voglio portare alla Vostra cortese attenzione che in data 07 dicembre 2010 ho espresso formale richiesta di disdetta dell’abbonamento privato alla televisione N. XXXXXXXX – Codice Controllo X - (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246), come da indicazioni presenti sul Vostro sito, tramite raccomandata AR Nr. XXXXXX-X (che allego, unitamente alla fotocopia della lettera di disdetta sopra cimentata). Pertanto, in riferimento a quanto espresso, non trovo fondata la Vostra richiesta di pagamento del canone RAI per la stagione 2011 e a seguire.
Grazie.
Cordiali saluti.

Bene. Tutto finito, pensavamo io e mia moglie, e invece no. Due giorni fa riceviamo questa ennesima richiesta di pagamento del canone Rai:

In riferimento alla Sua comunicazione, si fa presente che la stessa è inefficace per la chiusura dell’abbonamento in oggetto, in quanto non contiene gli elementi richiesti dall’art. 10 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n 246 (convertito nella legge 4 giugno 1938, n. 880), che consente la disdetta nei soli casi di cessione o di suggellamento di tutti gli apparecchi televisivi detenuti presso ogni residenza o dimora proprie e dei propri familiari anagraficamente conviventi.
 
Pertanto Lei rimane obbligato/a al pagamento del canone di abbonamento alla televisione.
 
Si fa presente inoltre che attualmente sono ancora dovuti i seguenti importi:
euro 56,39 per canone di abbonamento
euro 8,70 per sanzioni amministrative e interessi di mora.
 
La modalità di trattamento a cui la Rai sottopone i propri abbonati/forzati è lo specchio di una nazione ammantata di ‘ragnatele’ e ‘malfidenza’, il cui frattale è rispecchiato persino nella mancanza di saluti finali nell’ultima comunicazione ricevuta, come se un qualcuno dall’alto, inarrivabile, non degnasse nemmeno del saluto il proprio ‘sottoposto’. 

Infatti, il rapporto reciproco tra Rai e abbonati si fonda sulla negatività. Alla base ‘non si crede a quello che l’altra parte sta affermando’. Solo che l’abbonato è forzato a ‘credere/pagare’, mentre la Rai può fare la voce grossa e ‘ordinare il pagamento’.

Ecco le mie considerazioni:
  • non abbiamo più nessun televisore in casa (il vecchio televisore era al limite della decenza e l’abbiamo buttato via)
  • la modalità di disdetta utilizzata da noi è scritta sul sito Rai (l’abbonato comunica di non detenere alcun apparecchio)
  • le tre modalità di disdetta fanno riferimento alla stessa legge (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246). Una legge del 1938 che rappresenta ancora l’Italia alle porte del 2012
  • il rapporto Rai/Utente è basato sulla malfidenza (non si crede che noi abbiamo veramente buttato via il televisore e che, quindi, continuiamo ad ‘usufruire’ dei programmi Rai)
  • il canone Rai è una forma di ‘collante’ studiato per essere appiccicato addosso alle persone a ‘prescindere’ da ogni nuova circostanza, infatti in caso di morte, l’erede - se non già abbonato Rai - ‘deve’ prendersi carico dell’abbonamento del defunto
Ecco la situazione più paradossale:

l’unico modo per disdire il canone Rai è chiedere il suggellamento degli apparecchi televisivi posseduti, oppure cederli fisicamente a qualcuno, dichiarando nome e cognome della persona che ‘riceve’ questo onere. Ossia si prendono in considerazione solo le casistiche basate sul possesso fisico di una televisione.

La nostra situazione si trova in un territorio non preso in considerazione, dunque?

Noi non abbiamo nessun televisore. Per cui cosa dobbiamo fare? Nel 1938 non avevano pensato a questa evenienza? 

Quindi dovremmo pagare per un qualcosa di cui non usufruiamo?

Siamo al puro paradosso. Cosa dovremmo suggellare? L’aria? Un televisore di cartone? O un televisore che recuperiamo dalla discarica? Cose da pazzi. Oppure dovremmo dichiarare di cedere un televisore che non esiste?

La documentazione che il televisore non esiste più, in cosa consiste? In una foto in cui si vede che lo gettiamo nella spazzatura? Foto che si può sempre taroccare, per cui ‘mamma Rai, non ci crederebbe, no?

Io penso che, di fronte a questi tempi, occorra prendere delle decisioni all’altezza della situazione personale/spirituale percepita. Che queste decisioni vadano poi confermate tramite l’azione diretta sul piano della inerente realtà/fisicità, attraverso la coerenza e la conferma responsabile delle proprie necessità esistenziali, riflesse in un superamento di ogni ricatto ed 'astrusità' del caso. 

Nella fattispecie, si parla di una vera e propria intimidazione, sia per il tono della lettera ricevuta, sia per la presenza di una ‘sanzione’, sia per quello che all’orizzonte si potrebbe prospettare.

Ma non importa. È una questione di coerente presa di posizione:
  • a noi non interessano i contenuti Rai
  • a noi non interessa vedere la televisione
  • noi non abbiamo nessuna televisione atta a ricevere il segnale televisivo
  • e non c’è niente e nessuno che ci può obbligare a vedere la televisione.
È questa la profondità raggiunta dall’incantesimo? 

Non è nemmeno prevista la circostanza che una persona non voglia vedere la televisione! Non si crede che possa esistere anche questa possibilità. Non si crede che possano esistere interi nuclei familiari ‘de televisorizzati’.

Non si crede… ossia si è malfidenti.

Per oggi lascio perdere il discorso di valenza frattale spirituale, perché esula dalla tridimensionalità del presente articolo, il quale intende manifestare lo 'stato dell’arte' in un modello sociale che, a maggior ragione, non posso che chiamare Antisistema

La Rai è il frattale evidente di un contesto ribaltato a 180 gradi.

Sono giorni di manovre fiscali aggiuntive, di austerity, di richieste di sacrificio per tutti i popoli della Terra, Italia in primis. La ‘crisi’ è stata innescata dall’energia che veicola il mondo bancario e ricade ovviamente sulla ‘massa’ che lo alimenta in ogni caso. È un circolo vizioso di cui, intendiamo che si sia rotto il meccanismo.

Questa richiesta di balzello alla ‘Non ci resta che piangere’ è un segno evidente dei tempi; tempi che stanno collassando su se stessi e sul proprio ‘contenuto’. Il ‘pagare indotto’ sembra l’unico modo per mantenere in piedi un castello che ‘non ce la fa più’.

Io e mia moglie abbiamo staccato i ‘fili’ del Matrix

Noi non abbiamo più nulla a che fare con questa realtà bizzarra costituita da debiti e canoni ‘sottili’. Il nostro Karma è pulito: siamo liberi.

La Rai ‘non crede’?  È un problema suo e di tutti coloro che la ‘alimentano’. La Rai è un carrozzone con molto valore aggiunto, però è preda del proprio male convergente, fatto di tempo ripiegato su se stesso, come una immane tempesta che non va mai via e che non si esaurisce mai, perché trova in continuazione energia di alimentazione. È un vortice che non conosce fine di continuità…

Noi abbiamo chiuso con la Rai.

Con chi ‘non ha occhi per vedere’ è difficile trovare un punto comune d’intenti. In questi casi è meglio tagliare quella linea di percezione, quel Mondo tanto diverso da noi, quella dimensione che non fa più parte della propria vibrazione d’essere.

L’augurio è che le persone cambino, così anche la Rai potrà iniziare a cambiare per ‘induzione’, proprio come adesso per ‘induzione’ ogni individuo è ‘portato’ ad avere un televisore, come se quell’apparecchio fosse un vero e proprio ‘familiare aggiunto’ o un riempitivo per carenze d’altro tipo

La Rai è pubblica e impone un canone, oltre che ad usufruire del mercato della pubblicità: e non basta mai. È sempre piena di debiti, ed il debito è il cancro che ammanta questa dimensione. Lo ritroviamo in ogni circostanza. 

Il debito è il frattale di un qualcosa di superiore: della nostra situazione spirituale latente.

Ogni macchina prodotta dall’umanità, e non fatta sparire, ha ‘sete’ d’energia e puntualmente accende la spia della riserva. Spia che è inerente alla macchina stessa ma anche alla persona che la guida, che la possiede. Persona che deve porre rimedio a quella situazione, pena la frenata del proprio cammino.  

Cammino che, tuttavia, può procedere ancora, a ben pensarci, proseguendo a piedi e abbandonando la macchina. Ecco la famosa ‘alternativa’ o la speranza che non smette mai di alimentare ognuno di noi.

Anche oggi sono riuscito a scrivere parecchio. Ma va bene così. Va bene così.

Spediremo una nuova raccomandata a ‘mamma Rai’, con la ferma intenzione di ‘non vederci mai più’. È un addio, almeno sino a quando le ‘cose’ non cambieranno.

Nel proprio storico slogan c’è tutta questa vicenda e molto altro:  Rai. Di tutto, di più.

Non abbiamo bisogno di questa Rai.

Stay tuned…

Davide Nebuloni / SacroProfanoSacro 2011
Prospettivavita@gmail.com