martedì 23 gennaio 2018

Una certa convenienza.



Perché puoi parlare fisicamente di una nave
Perché esiste l’acqua e, di più, perché c’è un suo accumulo “magnifico” che puoi chiamare, per abitudine, convenzione e “necessità (comunicazione, intesa, riferimento comune)”, fiume, lago, mare, oceano, etc. Qualcosa che sostiene
Perché puoi parlare di un'automobile? 
Perché esiste, analogamente, la terra “calpestabile”. Non solo una superficie
Perché puoi parlare di un aereo? 
Perché può volare, dal momento in cui esiste l’aria (il cielo, l’atmosfera), etc. L'essere dentro a qualcosa.
Insomma, qualsiasi sia l’ambito che prendi in questione, esiste sempre (sempre) il relativo, funzionale, “sfondo (scena portante e centrale, sostanza, contenitore, etc.)”. 
Quella struttura della “materia” che permette di… anche quando la materia non sembra nemmeno esserci, dato che per materia sei abituat3 a concepire qualcosa di solid3
Espandendo tale concetto, però, materia “è” tutt3 ciò che esiste (nonostante, la materia non esiste), anche se nel/sul piano della non manifestazione (alla “lungimiranza” della capacità organica del corpo umano) e non solo sul piano del giudizio umano.
La diatriba sulla esistenza, o meno, dell’eterequindi, a cosa ammonta?
Di più, sostanzialmente, che cosa significa.

Se (se) “qua” serve sempre (sempre) un “mezzo (sfondo, scenario, contenitore)” al fine di poter volare, correre, fluire, etc. ma (ma) anche parlare, ragionare, respirare, fare, etc. perché non dovrebbe esistere anche l’etere?
O, meglio, perché ad un certo “punto”, la concezione secolare di etere è stata modificata? 
Perché... dal momento in cui la scienza si è abituata a prendere in causa anche l’immanifestazione dell’atomo, del Dna, dell’aria, del suono, delle micro particelle nel loro complesso, etc.? 
Perché tutt3 il resto, sì, e l’etere… no. Forse, perchè è stato cambiato solo il riferimento condiviso, in materia oscura?
Oppure, perchè immaginando l'etere, improvvisamente, viene più spontaneo anche il... comprendere e, dunque, ricordare (il potenziale)?
Puoi immaginare il tele trasporto, ad esempio.
Puoi capire perchè il segnale non passa più in un cavo, ma (ma) è trasmesso wireless. Puoi accorgerti intuitivamente del perchè puoi telefonare. E anche se sulla Terra non ti sembra corretto parlare di etere, nella sostanza, questo mezzo è ubiquo e, quindi, è anche sulla Terra. 

Allora (allora), senza etere come può propagarsi la luce? 
Senza un “mezzo da attraversare, poiché attraversabile, data la sua conducibilità e memoria”, come potrebbe accadere un simile movimento? 
Per accorgersi di che cosa significa l’etere, occorre andare Oltre Orizzonte, alias, porsi in una situazione globulare “formulare”, ad angolo giro, nella/dalla quale si può godere di un panorama unico (nel senso di… esemplare ed a prova di relatività, cioè, assolut3, indubitabile, funzionale, funzionante, etc.). 
Occorre superare il concetto di prospettiva, cioè, di interesse (parte, privat3, ego). 
Un panorama unico è mozzafiato e non dipende da null’altr3. 
A meno che la “sensibilità” dell’osservatore non sia tanto preminente da andare a modificare quella unicità, introducendo la prospettiva. Ossia, qualcosa che apparentemente riclassifica la situazione totale, ma (ma) che non la va assolutamente a modificare… come un velo che può solo continuamente filtrare (rivelare). 


Perché un essere umano dovrebbe andare a “personalizzare” l’unicità del panorama
Per interesse. 
Un deformante atteggiamento che, convenzionalmente, prende il nome di egoismo (il significato “cattivo” dell’ego. Così come esiste colesterolo buono e cattivo) e, di più, di possesso.
Una caratteristica evocata artificialmente (nel) “qua (così)”, dato che serve denaro, per cui lavori e, quindi, “sei in carriera”. 
Immagina cosa voglia dire il considerarti intelligente, brav3, migliore, etc. ed essere giovane con tutta la “carriera” davanti a te

Vorresti sbranare il mondo, rovesciarl3, rivoluzionarl3, etc. ma (ma) concludi che non ce la puoi proprio fare.
Per cui, intraprendi l’unico modo che esiste (ed è praticabile) per, comunque, andare ad incidere (lasciare il segno) nella realtà manifesta “qua (così)”:
studiare
frequentare un prestigioso ateneo
laurearti a pieni voti, con lode
per, poi
finalmente poter dire anche la “tua”
da perfettamente auto inquadrat3 nella situazione generale
ed ordinaria
di modo che tu possa essere ascoltat3 dalla platea di espert3 nel tuo stesso ambito.
Senza il riconoscimento della laurea, nessun3 ufficialmente potrà mai (mai) prenderti in considerazione. 
Ma (ma) laurearti significa entrare in un ambito del tutto già polarizzato “a senso unico”.
Ergo, significa metterti al servizio di… (infatti, lavori per... anche se ti metti in proprio).
Ecco che, di conseguenza, la “necessità” denaro/lavoro – alla luce della giovane età, della concorrenza e della competizione, della sopravvivenza e del convincimento religioso, familiare, sociale, politico, etc. – coagula nella forma mentis “carriera (realizzazione, importanza)”, una sorta di cecità selettiva, che va a sovrapporsi relativamente all’assolut3, al “panorama unico”. 
L’interesse per la propria carriera, rende cieca (deviata) l’osservazione. 
Cioè, ti schiavizza, ivi ricompresa la “tua” immaginazione. 
Tanto è vero che, a volte ed in minima parte, una volta che la singolarità ha svolto per intero l’iter, che l’ha condott3 alla fama mondiale (dunque, che ha raggiunto l’obiettivo principale della “propria” esistenza)… qualcosa viene meno e qualche raggio di superiore lucidità (e coscienza, responsabilità, senso di colpa, paura, etc.), solo però a “pancia piena”, permette di assicurarsi di lasciarsi dietro una porta di servizio aperta:
la possibilità di essersi sbagliat3
la possibilità di non finire nel fango, dopo che altr3 avranno superato la propria “teoria”
la possibilità di, comunque, esserci sempre anche se attraverso “io l’avevo detto”
Una comoda via di mezzo.



Infatti, trascorsi gli anni della “potenza giovanile (della brama di diventare famos3)” e trascorsi anche gli anni della “realizzazione”, subentrano – a volte – gli anni della “presa di distanza” (riassicurazione) persino dai “propri” convincimenti, concepimenti, successi, etc. poiché si è nella posizione di poterselo permettere (non tanto in termini accademici, di carriera, di seguito, bensì, in termini di età che viene meno e che pone di fronte all’Oltre Orizzonte dell’al di là, con tutt3 ciò che ne consegue ai sensi della propria “pace interiore”). 
Ad un certo punto, i “dubbi” relativi all’assolutezza del “proprio lavoro”, assumono una valenza diversa, rispetto al solito. 
E coloro che nemmeno in quel “momento” si concedono il “lusso” di auto ammettere che, probabilmente, certe “amnesie” erano volute poiché assolutamente negative all’interno della propria carriera ed interesse… bé, che cosa significa se non che… “sono assolutamente perdut3 ‘qua così’”. 

Anche senza accorgersi dell’autentico motivo per cui si sono comportat3 in quel modo per tutta la vita, è possibile riconoscere che le “proprie” teorie erano (sono) assolutamente di parte, alias, relative al sopravvivere AntiSistemico. 
Quale “autentico motivo”? 
Quello della compresenza singolare gerarchica immanifesta del Dominio, a giurisdizione (grande concentrazione di massa) planetaria.
Allora considera il Filtro di Semplificazione “Terra (qua)”:
considera di poter conoscere a fondo solo ciò che è terreno e terrestre
ossia
considera che sulla Terra esiste sempre aria, terra, acqua, fuoco
ossia
dei mezzi da attraversare poiché conducenti.
Allo stesso modo, considera soprattutto l’aria (invisibile) in quanto a una miscela di sostanze. E considera l’esistenza della infrastruttura molecolare, atomica e subatomica. Alias?
Considera lo “scheletro” della materia e non solo la materia (sia il manifesto che l’immanifesto).
Che cosa ne consegue? Che cosa significa…
Consegue che:
anche nello Spazio una “nave” può muoversi (navigare) poiché esiste uno sfondo che conduce, che trasmette, che “è”.
E significa che:
non c’è alcuna differenza sostanziale tra Spazio (pieno e vuoto), tra Spazio e cielo (atmosfera)
e che
lo Spazio è una forma di memoria
poiché trasmette, conduce, veicola, permette la trasmissione, l’attraversamento, la comunicazione, etc.
Osserva un cavo, dei fili elettrici, ed accorgiti di stare osservando anche l’etere (o come diamine lo si voglia chiamare, nonostante c'è ugualmente). 
È la funzione che è sempre la stessa:
relazionare
mettere in contatto
informare
poiché
qualcosa di unic3 (il panorama unico).
E… si ritorna ancora al punto di partenza:
alla globulare sfericità dell’atteggiamento “formulare”
ad angolo giro
assolutamente indipendente da ogni prospettiva (interesse, parte, privat3)
poiché informazione, memoria, quintessenza, sostanza, significato, verità, giustizia, etc.
Senza il “mezzo”, il mezzo non può assolutamente nemmeno sperare di… muoversi.
Anche ammettendo la possibilità potenziale del teletrasporto, il “viaggio” comunque si compie e, quindi, necessiti sempre di “mezzo” conducibile.
La progettazione conta proprio su tale caratteristica funzionale del funzionamento di fondo (infrastruttura). È tutt3 ad immagine e somiglianza e biunivocità.
Per cui:
come progetti la costruzione di un ponte?
Allo stesso modo “è” la situazione assolutamente generale e complessiva:
unic3 e totale.

Concepisci, allora, lo Spazio Sostanza:
il potenziale.
Lo sfondo (il “mezzo”, il “campo”) che permea tutt3 essendo funzionale (potenziale) al funzionamento (possibilità).
La capacità di eseguire ogni genere di “manovra”, anche tele trasportandoti (che cosa fa già un sms? Viaggia tanto velocemente… in che cosa?).
Il teletrasporto non è diverso:
è viaggiare velocissimi attraverso il “mezzo”, tanto da sembrare che tra partenza ed arrivo non ci sia differenza e, dunque, non sia trascorso né spazio né “tempo”.
Senza un “mezzo di mezzo”, non può avvenire alcuna “trasformazione”:
tra partenza ed arrivo
avviene una trasformazione dell’informazione (non un cambiamento).
È trasmissione, veicolazione, conduzione, dunque, memoria.




Lo Spazio Sostanza non è misurabile:
“è”
come il potenziale energetico che mantiene assieme la nave, ad esempio.
È ciò che permette l’esperienza
Come la possibilità di progettare uno stadio che, in seguito, ospiterà migliaia di persone e l’evento scenico stesso, con tutte le Tv collegate e la trasmissione globale a milioni di individui…
Nota bene le due fasi.
Come può qualcosa, la luce, viaggiare attraverso il nulla. Lo spazio?
Non può
Non può. Bene. Perciò se la luce è solo un’onda, allora…
Lo spazio non è vuoto?
Esatto. Come le onde sonore viaggiano nell’aria, le onde luminose devono viaggiare attraverso un qualche mezzo nello spazio. Gli scienziati lo chiamavano etere. Una sostanza invisibile ma onnicomprensiva che pervade l’universo. Io ci credevo alla vostra età… Ma, poi, ho scoperto che mi sbagliavo”.
Genius (Albert Einstein)
Albert Einstein pubblicherà la sua derivazione da principi primi, poi diventata famosa come teoria della relatività ristretta, in cui si fa completamente a meno di qualsiasi ipotesi sull'etere.
Einstein, tuttavia, riconoscerà di avere in tal modo sostituito l'antico concetto di etere con una nuova concezione dello spazio pur sempre dotato di sue specifiche proprietà fisiche, uno spazio che consiste cioè nella struttura quadrimensionale dello spaziotempo.
“Sarebbe stato più corretto se nelle mie prime pubblicazioni mi fossi limitato a sottolineare l'impossibilità di misurare la velocità dell'etere, invece di sostenere soprattutto la sua non esistenza. Ora comprendo che con la parola etere non si intende nient'altro che la necessità di rappresentare lo spazio come portatore di proprietà fisiche...”.
Albert Einstein
Negare l'etere condurrebbe, secondo Einstein, a “supporre che lo spazio vuoto non possieda alcuna proprietà fisica, il che è in disaccordo con le esperienze fondamentali della meccanica…”:
“Anche se nel 1905 pensavo che in fisica non si potesse assolutamente parlare di etere, questo giudizio era troppo radicale, come possiamo vedere con le prossime considerazioni della relatività generale.
È quindi permesso assumere un mezzo colmante nello spazio se ci si riferisce al campo elettromagnetico e quindi anche alla materia.
Non è permesso tuttavia attribuire a questo mezzo uno stato di movimento in ogni punto in analogia con la materia ponderabile. Questo etere non può essere concepito come consistente di particelle…”.
Albert Einstein
Link 
La relazione di Einstein con l’etere fu complessa e mutò radicalmente nel corso del tempo; mi limito a riportare tre estratti di altrettanti articoli scientifici scritti di suo pugno a proposito dell’etere.
1. Nel suo primo articolo del 1905 scrisse: “l’introduzione di un “etere luminifero” si rivelerà superflua...”
2. Nel 1920, dopo aver sviluppato la teoria della relatività generale mutò: “una più attenta riflessione ci insegna che la teoria speciale della relatività non ci costringe a rifiutare l’etere...”
3. Anche se Einstein non rinunciò mai al tentativo di eliminare l’etere elettromagnetico in un articolo successivo alza bandiera bianca e scrive:
lo spazio senza etere è inconcepibile, dal punto di vista della teoria generale della relatività.
Questo perché in un tale spazio non solo non vi sarebbe propagazione della luce, ma nemmeno la possibilità di regoli e orologi e pertanto non vi sarebbero distanze spaziotemporali in senso fisico…”.
Il premio Nobel per la fisica Robert Laughlin, per esempio, nel suo recente libro “Un universo diverso”... ammette alcune manifeste illogicità di fondo della teoria della relatività generale.
Egli infatti afferma testualmente:
per colmo d’ironia, l’intuizione più brillante di Einstein, ovvero la teoria della relatività generale, può essere riassunta nel concettualizzare lo spazio come un mezzo, mentre la sua premessa originaria era che tale mezzo non esistesse affatto.
L’idea che lo spazio possa essere costituito da una sostanza materiale di qualche tipo è in realtà molto antica e risale addirittura ai greci, che l’avevano definita etere.
Einstein ha quindi escluso l’esistenza dell’etere, ma per farlo è stato costretto a ricorrere a contraddizioni logiche che hanno letteralmente trasformato la fisica in filosofia
Link 
L'espert3 si nasconde dietro alla complessità. All'esclusività, seppure in democrazia...


Solo a “pancia piena” riesci a mettere in dubbio le “tue stesse verità”, che ti hanno permesso di arrivare al culmine della carriera e ad entrare ufficialmente nella “storia”, non avvedendoti che il “tuo” interesse per… è, in verità, l’interesse ambientale a cui rassomigli, andando a deviare attraverso la tua compresenza, la sostanza del panorama unico di cui si gode allorquando sei senza alcun… interesse di parte (prospettiva, parallasse).
Piuttosto, significativamente:
l'etere è tornato ad essere oggetto di indagine filosofica ed esoterica sia da parte degli ambienti teosofici fondati da Madame Blavatsky, che lo identificò con i concetti orientali di Akasha a livello cosmico e di Prana a livello vitalistico individuale (costitutivo del corpo eterico)…
Link 
L’Akasha, guarda non caso, “è” proprio… memoria universale.
Fai attenzione:
il fuoco = se non lo inneschi, “non esiste: c’è”
La natura non è un prodotto di Dio. La natura è Dio…
Dalla molecola più piccola alla galassia più grande, ogni domanda deve avere una risposta definibile”.
Genius (Albert Einstein)
Dopo avere considerato ciò, Einstein è andato a sostituire la “memoria ambientale (etere)” con la propria “teoria”, congiungendo in maniera relativa qualcosa che “è” assolut3:
Spazio Sostanza (funzionare del funzionamento).
La scienza dovrebbe (utopia) decodificare proprio il funzionare del funzionamento, eseguendo un fermo immagine (una fotografia pari pari) e, non, andare a deviare tale fondamento. No?
Questa personalizzazione “è” interesse di parte (privat3) e significa proprio ciò
Per cui, Chi significa.
Le divinità vivono in eterno. Ed esistendo sempre e in ogni luogo fondano la durata e lo spazio…”.
Newton
Ecco. Sostituisci a “divinità”, Dominio
Non cambia nulla sostanzialmente. Ma (ma) fisicamente cambia tutt3, nel senso che il Dominio è un essere in carne ed ossa, perseguibile quindi.
Mentre, a livello di “divinità” resta tutt3 sfuggevole, poiché, impalpabile (credo).
Ed ecco il perché del “tuo” consueto “qua (così)”… pugno di mosche.
La forma sociale (tempo ivi ricompreso) è “artificiale”:
esistendo sempre e in ogni luogo fondano la durata e lo spazio




“Fai… di cadere lontano dalla pianta e, dunque, di prenderla in esame al di là della prospettiva di parte:
sii ‘formulare’. Ti… conviene”.
     
Davide Nebuloni
SacroProfanoSacro (SPS) 2018
Bollettino numero 2228

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