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lunedì 21 agosto 2017

Una intossicazione chiamata tempo.



Il tempo “esiste ma è apparenza”; e non è un paradosso.
Il tempo è chimic3… “intossicazione”. Se (se) ti sembra che non possa essere messo in discussione, è “solo” perché (ne) sei possedut3.
Il tempo è una solida costruzione che, tuttavia, non è quello che ti sembra “qua, così”
Esso, ad esempio, in un film che convenzionalmente 1) dura un paio di ore e che 2) è stato girato nel giro di qualche mese... è simulato – quando la trama richiede l’invecchiamento degli attori – attraverso al ricorrere di “trucchi (di ogni tipo)”.
Ossia, le persone invecchiano sul set, cinematograficamente, ma (ma) nella realtà “al di fuori del film”, le stesse persone non sono affatto invecchiate, se non per ciò che si attendono (essendo convinte che esista il tempo e che, questo, passi in continuazione come una sorta di fiume invisibile, che lascia “segni” del/col proprio incedere, erodendo tutto ciò che incontra e, dunque, va a caratterizzare). 
Da questa prospettiva, allora, il tempo è – di più – un altro tipo di “segno”, ossia: 
è uno dei tanti simboli (fatti, prove) che testimoniano la compresenza di una “analogia comportamentale” che 1) il tempo replica, in quanto ad “effetti e conseguenze” del proprio “essere” e che 2) esiste in quanto ad immanifesta ragione fondamentale (del) “qua, così”. 
L’analogia è, ovvio, frattale espansa: 
memoria, informazione, “è già successo”…