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giovedì 27 luglio 2017

Immagina che…



Sai che “volere è potere”.
Lo sai perché te lo hanno detto. Ma (ma) tu, direttamente, hai mai messo alla prova tale “massima”?
Certo che sì. E con quali risultati
Con l’unico risultato che, ora, sei alle prese con una realtà manifesta “qua, così”, all’interno della quale riesci ad auto manifestare la tua “volontà” solo in certi ambiti, mentre nella rimanenza degli altri la “regola” è inossidabilmente che:
“non funziona”. 
Le innumerevoli vicende, in tal senso, narrate attraverso libri e/o trasposizioni filmografiche, mettono in luce ed evidenziano quelle “storie di persone che... ce l’hanno fatta”, a differenza tua, però. 
Non che tu abbia fallito, ma… più semplicemente – per ora – non ce l’hai ancora fatta.
Vicende, come quella di Katherine Johnson, si sprecano e tendono all'auto svalutarti e sottovalutarti.
Certo, le puoi sempre prendere d’esempio. 
Ce la fai
Soprattutto la visione di un film, ha degli effetti portanti su di te; ad un certo punto, ti senti come il personaggio protagonista della tal vicenda e sei orgoglioso di quanto “fatto” da ess3. E ciò ti confonde.


mercoledì 2 aprile 2014

Immagina.


La felice intuizione del Prof. Couè sta in questo:
non è la volontà che può mettere in moto le enormi forze subcoscienti che sono dentro di noi, ma la nostra immaginazione.
Ma Couè scoprì un altro fatto con le sue acute osservazioni: la passività, l’incapacità di resistenza manifestata dal soggetto suggestionato o ipnotizzato non era la conseguenza della lotta tra lui ed il suggestionatore, come tutti i praticanti hanno ritenuto finora, ma doveva essere la conseguenza della lotta tra l’immaginazione e la volontà del soggetto, e scoprì che, in questa lotta, la volontà soccombeva sempre, senza nessuna eccezione

È da questa importante scoperta che il professor Charles Baudouin dell’Università di Ginevra, discepolo di Couè, ha tratto la legge dello sforzo convertito:
“Quando una idea si è impadronita della nostra mente al punto da farne sprigionare una suggestione, tutti gli sforzi coscienti fatti per resistere a questa suggestione non servono che a rafforzarla”.
L’altra legge importante formulata dal professor Baudouin è quella della finalità subcosciente, per la quale:
“In ogni suggestione, dopo che si è pensato al fine che si deve ottenere, il subcosciente si incarica di trovare da sé i mezzi per realizzarlo.
“Il dominio di se stessi” - Emile Couè
Link
- Dunque, abbiamo un invalido in perfetta salute, mi pare.
- Dottor Holt, ha superato il test psicologico?
- Il paziente ha rifiutato di farlo. Aveva mal di testa… Mi ha detto che a volte non sa riconoscere se è sveglio o se sta dormendo.
- Eh… beh… allora la diagnosi è ovvia…
- Ovvero: schizofrenia?

Jimmy P.

Il giudizio di un medico può cambiare la Vita del paziente, alias, di una persona. L’individuo è ciò che è, oppure ciò che gli viene “assegnato dal giudizio altrui”? E se questo “giudizio” fosse di parte, parziale, ignorante, razzista, protocollare, etc.? 

E se il medico fosse affetto, egli stesso, da una patologia deviante?
 

giovedì 3 febbraio 2011

Nel labirinto per trovare il "centro".





Mi è congeniale, ormai, cercare di osservare le abitudini. Anche quella più scontata che ci sia. Quella più generalizzata, automatizzata, somatizzata. 

Il perché è presto detto: è tutto alla rovescia

Pur non negando il senso profondo dell’evoluzione, queste “abitudini” riportano frattalmente ogni nostra pena individuale e collettiva. "Noi" abbiamo costruito questo mondo. È inutile assegnare colpe ad altri… Anche se ci sono:

“Il plurale maiestatis o plurale maiestatico (dal latino pluralis maiestatis, plurale di maestà) si ha, nella lingua parlata o scritta, quando chi scrive si riferisce a se stesso usando la prima persona plurale anziché singolare.
Quest'uso, già diffuso nell'antica Roma… È rimasto nella tradizione di molti paesi come modo d'espressione formale soprattutto di sovrani e papi (da cui il nome "maiestatico"), in quanto adatto all'immagine istituzionale, e quindi anche astratta e corale, associata a questi ruoli”.
Da Wikipedia 

Questa è una chiave di verità: permette di comprendere frattalmente le leggi celesti che regolano il tutto. La particella “noi”, usata rappresentativamente dal potere imperante, testimonia sempre e comunque una volontà comune, globale

È logico che gli effetti della politica manifesta siano diversi tra le parti, ma è pur sempre una scelta d’una intera società. Una “scelta” può essere anche il rinunciare all’espressione della propria “importanza” o l’essere indotti a farlo da “altro”

La realtà manifesta è sempre e comunque la migliore delle immagini che possa ritrarre la media sociale in un determinato periodo di tempo.

In una sola massima: abbiamo quello che meritiamo.

A che serve lamentarsi? Incolpare gli altri. Sentirsi vittime. Sminuirsi di fronte ad un ritenuto potere manifestatosi all’esterno di noi. Giudicare…
Il senso intimo delle “cose”, come noi lo possiamo osservare in questo scenario 3D, è invertito. Pezzo dopo pezzo SacroProfanoSacro affronta ogni possibilità dell’inversione, ogni capovolgimento dello stato originale o utopico. Certo. 

Perché credere all’utopia, nel senso illusivo ed impossibile del termine, è screditare il “luogo di arrivo e di partenza” della nostra Anima.  

È screditare il Paradiso il non credere di poterlo “realizzare”. 

Sappiamo molto bene che se non crediamo ad una “cosa”, questa, non si realizzerà. Per cui automaticamente terremo il Paradiso lontano da noi. Il Paradiso non è un “luogo” religioso ma una Dimensione a-religiosa: una vibrazione dell’Essere, una frequenza di oscillazione dell’Energia

Perché in questo caso, non credendo, non accade?
Perché in molti altri casi, non volendo, invece accade? 

Abbiamo che:
  • Positivo attira Positivo – Negativo attira Negativo
Ma anche:
  • Positivo attira Negativo – Negativo attira Positivo
Il primo caso è, superficialmente, lo stato d’animo, mentre il secondo caso è, concretamente, la polarità magnetica

Una polarità magnetica + e – è utile al fine di “creare un movimento”. Una polarità d’animo è inutile ai fini dell’equilibrio, ma forse fa "crescere" ciò che ancora deve crescere, seppur tra alti e bassi.

Entrambe coesistono in noi, a diversi “livelli”. Ogni livello funziona, per ora, in maniera diversa e con priorità diverse. Se non allineiamo la polarità conscia a quella inconscia non otterremo nulla di più di quello che è scritto nell’inconscio, alias, la volontà non può avere la meglio sull’immaginazione

Altra verità ribaltata.

Per cui, il detto "volere è potere" è perlomeno incompleto; forse "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare" rende meglio l'idea. Cosa sarà mai questo "mare"?
  
Per questo c’è un bombardamento mediatico basato sulle immagini

È interessante osservare la figura del labirinto

“Il labirinto è una struttura, solitamente di vaste dimensioni, costruita in modo tale che risulti difficile per chi vi entra trovare l'uscita.
Anticamente per lo più univiario (o unicursale), ovvero costituito da un unico, involuto percorso che conduceva inesorabilmente al suo centro, il labirinto è oggi sinonimo di tracciato multiviario (o multicursale).  

Nel linguaggio comune è pertanto divenuto sinonimo di rompicapo. 

Il termine "labirinto" indicava sempre soltanto un labirinto unicursale, con una sola entrata e un unico vicolo cieco in fondo al percorso, di forma quadrata o più spesso circolare; questo tipo di labirinto è conosciuto come labirinto classico. 
 
“Giunti all'arte di regnare ed esaminandola a fondo, per vedere se fosse quella a offrire e a produrre la felicità, caduti allora come in un labirinto, mentre credevamo di essere ormai alla fine risultò che eravamo ritornati come all'inizio della ricerca, e avevamo bisogno della stessa cosa che ci occorreva quando avevamo incominciato a cercare”.
   
Risulta evidente da queste righe come Platone parli di un labirinto unicursale, in cui le uniche due possibilità sono di giungere alla meta o di ritrovarsi al punto di partenza, cioè all'entrata.

Durante il dodicesimo e il tredicesimo secolo, un tracciato a forma di labirinto (sempre unicursale) iniziò a essere raffigurato nella pavimentazione interna delle cattedrali gotiche, come nel caso del duomo di Siena e delle cattedrali di Chartres, Reims e Amiens in Francia. Questi labirinti rappresentano il cammino simbolico dell'uomo verso Dio, e spesso il centro del labirinto rappresentava la "città di Dio"... Con il passare del tempo, questa originale funzione andò perduta, e il labirinto sulla pavimentazione iniziò a essere visto sempre più spesso come "un gioco senza senso, una perdita di tempo", e molti di essi vennero distrutti.

"Tutte le parti della casa si ripetono, qualunque luogo di essa è un altro luogo. Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinite le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo".
J.L.Borges, La casa di Asterione

In un labirinto unicursale sarebbe stato impossibile perdersi; i primi labirinti multicursali nacquero infatti intorno alla metà del sedicesimo secolo, disegnati dall'architetto italiano Francesco Segala.
Da Wikipedia
 
Riporto: In un labirinto unicursale sarebbe stato impossibile perdersi.

Ecco la vera funzione del labirinto originale: non perdersi praticando un percorso anche ostico ed imperscrutabile, con fiducia nel senso ultimo di quel “viaggio” che non conduceva all'esterno ma al centro.
 
Ossia una verità diametralmente opposta alla simbologia moderna, all’immagine moderna del labirinto. L’effetto unidirezionale è sfruttato per fini commerciali e di indottrinamento sottile. Ecco a cosa siamo giunti, oggi, ribaltando i piani ma non l’intima funzione di ogni “cosa”:

In negozi-labirinto tipo Ikea si compra più del necessario.
A funzionare è “l'effetto labirinto”: una volta entrati in un centro commerciale è difficile trovare la via d'uscita e, bombardati di cose da comprare, si finisce per mettere mano al portafoglio anche per oggetti di cui non si ha bisogno.
È quanto emerge da uno studio realizzato dai ricercatori dell'University College di Londra - e riportato dal DailyMail - che si sono concentrati, in particolare, sulle strategie di marketing dei magazzini Ikea: simili a quelli dei grandi centri commerciali, il fine è quello di mantenere i clienti tra corridoi ed espositori il più a lungo possibile, mettendo in evidenza le diverse modalità in cui i loro mobili minimalisti, perlopiù componibili e a buon prezzo, possono essere abbinati tra loro. 
 
I corridoi realizzati tipo labirinto unidirezionale, dall'entrata all'uscita, rendono difficile tornare indietro: "L'organizzazione del negozio è così confusa che il cliente non sa se sarà in grado di tornare indietro. Così mette l'oggetto nel carrello e tira avanti", spiega Alan Penn, che ha guidato la ricerca. "I nostri negozi sono progettati per dare ai clienti diverse idee su come arredare la propria casa, dalla cucina alla stanza da letto - ribatte Carole Reddish, vice direttore delegato di Ikea per Gran Bretagna e Irlanda -. Mentre molti clienti vengono in negozio per ispirarsi, molti altri arrivano con una precisa lista degli acquisti realizzata dopo aver consultato i nostri cataloghi cartacei e online".
Da Yahoo
 
Una questione di prospettive tra chi ci lavora e chi compra...
Iniziamo a fare lavorare anche l’emisfero destro del nostro cervello: ragioniamo con la fantasia. Eleviamo il nostro punto prospettico e osserviamo in maniera diversa il piano del labirinto, magari dall’alto.

Davide Nebuloni / SacroProfanoSacro 2011  

martedì 12 gennaio 2010

Volare per desiderio.







“Secondo tutte le leggi conosciute dell’aeronautica, non c’è modo che un ape sia in grado di volare. Le sue ali sono troppo piccole per sollevare il suo corpicino grassoccio da terra. L’ape, si sa, vola lo stesso. Perché alle api non interessa quello che gli uomini ritengono impossibile”.
Citazione iniziale tratta da “Bee Movie”.

Ignorando i limiti imposti da ciò che i sensi hanno condizionato a credere, sarebbe possibile anche “volare”. Di certo non come un’ape o un uccello, ma sicuramente di un “volo” si tratterebbe. Il cosiddetto volo di fantasia trascende, appunto, ogni legge fisica conosciuta; ma un simile atto non è riconosciuto ufficialmente come “reale”, dunque non esiste e non può essere portato come prova delle nostre capacità extrasensoriali naturali. Eppure quando si utilizza la fantasia, la creatività, l’immaginazione, non ci si limita a “disegnare castelli per aria”. È solo che l’uomo non ricorda di avere compiuto simili "acrobazie" con i pensieri e le emozioni creative, e non è in grado, dunque, di rendersi conto che, alcuni fatti reali succedutigli più avanti nel tempo, sono solo la diretta conseguenza di taluni voli pindarici ritenuti meramente immaginari. L’uomo non crede a questa possibilità, eppure questa possibilità è l’unico modo per co creare questa dimensione. L’uomo che allontana da sé questa “fantasia”, a causa di un sistema di indottrinamenti indotti, subìti nel tempo dall’intero ecosistema sociale, non si accorge che il suo futuro, viene scritto da un altro volere esterno a lui, ma che solo con il consenso indiretto dell’uomo stesso può succedere, perché questa è una legge dell’Universo. Questa legge afferma proprio che ognuno di noi è il co creatore della propria realtà. Tale legge è chiamata legge d’attrazione e prevede che noi siamo i magneti attorno ai quali ruotano le “energie” condensate di quello che i nostri pensieri ed emozioni polarizzano usualmente. L’intero genere umano funziona in questa maniera, solo che non lo sa più e/o non lo crede possibile. Per questo motivo si dice nell’ambito spirituale che “l’uomo dorme” o “sogna”. È come sostenere che un figlio che nasce nove mesi dopo un rapporto amoroso, non è direttamente attribuibile all’atto amoroso stesso; quell’atto è chiaramente un frattale di quello maggiore che esprime la legge d’attrazione. Ricordiamo sempre che la natura dell’Universo è frattale ed olografica, tra le altre sue caratteristiche:
  • frattale = “forma” che si ripete nella sua struttura allo stesso modo su scale diverse
  • olografica = rappresentazione tridimensionale di una “forma” proiettata che divisa in ogni sua parte contiene sempre l'intera informazione
Se uniamo insieme le due caratteristiche di base, otteniamo che la “verità”, ossia la vera natura dell’essere è osservabile intorno e dentro di noi e contiene l’intero corredo di informazioni per risalire al “senso della creazione” e dunque al “Creatore” stesso. È solo applicazione di una certa e cara, per l’uomo razionale, forma di logica e deduzione. È possibile secondo me “indagare” in questo senso osservando e comprendendo “forme” astratte e concrete di  frattali che ci “succedono”. Se esiste una abitudine significa, ad esempio, che siamo programmabili e che l’intero Universo è programmabile. È un esempio banale, ma analizzando le nostre “giornate” in questo modo, è possibile “volare” molto lontano senza nemmeno muoversi di un solo centimetro. L’uomo nella sua forma fisica è una macchina manovrata dai “fili” dell’anima. E noi non siamo la "macchina". Tutte le interferenze create dall’Antisistema hanno il senso di rovinare il più possibile la qualità della comunicazione tra veicolo fisico e sala di “controllo” animica. Perché l’anima ha necessità di un “avatar” per fare esperienza? Perché ella rispecchia il frattale maggiore di Dio che esegue la stessa operazione al fine di “espandersi” e conoscersi meglio. Il Creatore si scinde, l’anima si scinde, l’uomo si scinde, le cellule si scindono, etc. La cellula contiene in sé il Creatore e per questo ha capacità “magiche”. Cosa significa per l’uomo, in soldoni, svegliarsi? Significa prendere atto, anche mediante semplice osservazione, in assenza di spunti spirituali, che la “magia” è tesa come una ragnatela intorno ad esso. È tutto magico, proprio come hanno scoperto i fisici quantistici. L’uomo non aggancia però il vero significato di queste scoperte ufficiali. E nessuno farà questo per l’uomo che non lo vuole sapere come solo un inguaribile “distratto” lo potrebbe fare. Questa “distrazione” viene dall’ecosistema sociale nel quale siamo immersi in lenta “decomposizione”. Le capacità magiche sono legate all’immaginazione e questa all’inconscio. I nostri pensieri fungono da scatola guida. Le emozioni da sistema di puntamento o “satellitare” che fornice il “punto” dove ci si trova, rispetto al punto di “raccolta” o obiettivo/sogno/desiderio. Ora, i nostri inconsci sono nelle mani dell’Antisistema e dunque nelle nostre stesse mani. Ognuno di noi “ha” quello che vuole… nel bene o nel male.

Volontà e immaginazione.
Se sfogliamo un dizionario e cerchiamo il significato del vocabolo volontà,  ci imbattiamo in una definizione simile alla seguente: “Facoltà di determinarsi liberamente a certi atti”. Noi accettiamo questa definizione come vera, inattaccabile. Ora, nulla è più erroneo!
Questa volontà che noi rivendichiamo così fieramente cede sempre il passo all’immaginazione. È una regola assoluta, che non soffre nessuna eccezione. Per convincervene, aprite gli occhi, guardatevi attorno e cercate di comprendere quanto vedete.
Vi renderete conto che ciò che dico non è una teoria campata in aria, frutto di un cervello malato ma la semplice espressione di ciò che è! Supponiamo di porre sul suolo un’asse lunga dieci metri e larga venticinque centimetri: tutti saranno capaci di percorrerla da un capo all’altro senza mettere il piede fuori di essa. Cambiamo le condizioni dell’esperimento e supponiamo che l’asse sia posta all’altezza delle torri d’una cattedrale: chi mai sarà capace di avanzare d’un solo metro per questo stretto cammino? Forse voi? No, senza alcun dubbio. Appena fatti due passi vi mettereste a tremare e, malgrado tutti gli sforzi della vostra volontà, cadreste. Perché non cadete se l’asse è posta sul suolo e perché cadete se essa è sollevata? Semplicemente perché nel primo caso voi immaginate che sia semplice percorrerla tutta, mentre nel secondo immaginate di non poter farlo. Per quanto la vostra volontà di avanzare sia forte, se immaginate di non poterlo fare, sarete nell’impossibilità assoluta di farlo. Se alcuni individui sono capaci di compiere quest’azione è perché immaginano di poterla compiere.
La vertigine non ha altra causa se non l’immaginazione che noi creiamo di dover cadere: questa immagine si trasforma immediatamente in atto, malgrado tutti i nostri sforzi di volontà, anzi, lo fa tanto più rapidamente quanto più i nostri sforzi sono violenti.
Fonte: “Il dominio di se stessi” di Emile Couè


giovedì 7 gennaio 2010

Le immagini di noi.








In questo 2010 la mia intenzione, il mio obiettivo, la mia "immaginazione", seguirà risolutamente la via della responsabilità nei confronti della nostra “società” globale. Che l’insieme di persone che abitano il pianeta sia una collettività, penso non ci siano più dubbi. Lo si intuisce dal frattale della tecnologia e dello stile di vita “imposto” o caldeggiato dalle forme pensiero, dal paradigma in auge, dal “sentimento” filo possessivo in termini assolutamente materiali. Ad ogni latitudine l’uomo è stato programmato a pensare in maniera molto simile e, tranne alcune e sparpagliate “sacche” intatte di biodiversità, il modello parla oramai una lingua universale. Cellulari, computer, modelli d’intrattenimento più o meno ludici e “passivanti”, automobili e motociclette, lavoro ad ogni costo, sogno di avere una casa di proprietà, divertimento leggero, voglia di vacanza e di staccare, ritmi sempre più indiavolati, etc. Così come anche i problemi sono diventati globali, come ad esempio l’inquinamento in ogni sua forma, la rumorosità, la frenesia, lo svuotamento dei valori personali, etc. Non è proprio possibile, insomma, sostenere che non si viva in una enorme ed unica comunità. E tutto ciò a dispetto di quello che pensiamo inconsciamente e cioè, che non consociamo nemmeno il vicino della porta accanto. Nella ritenuta solitudine viviamo forse il più grosso ed evidente problema della Terra: la paura di rimanere soli, di essere soli, che nessuno s’interessi a noi, nemmeno Dio. Non troviamo più sollievo nemmeno nelle forme religiose, dalle loro immagini pubbliche completamente “sfatte” ed improponibili. Le persone dicono di essere credenti perché fa loro “comodo”, e scrivo questa frase con il massimo rispetto di quei pochi che sono invece assolutamente immersi, anima e corpo, nel contesto di credo abbracciato. Rispetto queste anime perché l’illusione è per essi talmente forte da condurli perlomeno alla coerenza esistenziale tra il dentro ed il fuori, tra l’essere e l’apparire. Dunque, viviamo la collettività espansa al suo massimo livello dimensionale; comprendere questo “fenomeno” è già fare un passo in avanti nel processo "d’apertura" personale. I problemi non sono mai univoci ma globali e compreso questo aspetto della realtà, l’uomo dovrebbe iniziare a “sentire” una certa condivisione, se non di valori almeno di problemi, con il vicino di casa. Il motto “dividi ed impera” è stato tremendamente efficace nel corso della storia. Oggi ognuno di noi è il diretto risultato, il prodotto, di questa temibile “strategia”. Costretti ad interessarci del “giardino” di casa nostra, invidiando quello del vicino, lottando per avere la meglio sui problemi personali, scappando dalle cause comuni, ritenendoci soli ed in guerra con l’intero genere umano, pensando ad arricchire il “guardaroba”, gongolando sui problemi di tre quarti del pianeta, ritenendo i propri figli come una sorta di proprietà privata, utilizzando l’intelligenza a fini “bellici”, annullando ogni impulso spirituale, schiacciando le diversità, etc. la collettività è stata indotta a ritenersi “sola”. Abbandonata anche dalle istituzioni pubbliche, civili, sociali, religiose. L’uomo si lamenta sempre. Manifesta all’interno delle proprie case tutto il proprio disgusto per questa società, nella quale ogni mattina deve per forza ributtarsi per “guadagnarsi” da vivere. Ogni giorno sempre uguale. Trascinandosi verso la sera. Issandosi nel mezzo della giornata sullo scranno del pranzo “rigeneratore”. Tra mille ansie e difficoltà, problemi e vicissitudini, incontri e scontri… non è facile vedersi in questa maniera! Per niente facile, infatti non ci si vede proprio in questo modo. Ci si immagina “diversi” perlomeno nel tentativo di apparire agli altri. Ma quando in privato si fa una analisi personale del come ci si sente veramente, questa immagine "astratta" vacilla pericolosamente; la frequenza di vacillamento è determinata dalla cadenza dei problemi che si “abbattono” su di noi. In assenza di problemi la Vita che conduciamo sembra accettabile e siamo, come dire, sollevati. In presenza di problemi il panorama s’increspa pericolosamente, conducendo la persona verso un contrasto interno di “immagini” o effetto sfarfallio del proprio sé.
Agganciamo il seguente punto: ci si immagina diversi dal come si è “costretti” a vivere.
L’immagine di noi stessi che ci siamo costruiti, dunque non si sovrappone, non descrive a pieno, non rispecchia il modello di Vita in cui si è inseriti. La Vita viene condotta e “digerita” tramite lo sviluppo della volontà; volontà di andare al lavoro (ci si abitua perché sembra che non abbiamo alternative). Volontà in questo caso equivale a “sforzo” di volontà. È chiaramente una coercizione, un “fatto” imposto dalle regole, dalle consuetudini sociali. Il lavoro è un obbligo al quale non possiamo dire di no, perché altrimenti siamo considerati dei “diversi” dai nostri stessi “fratelli”. Colui che non lavora è una persona sospetta. Come fa a campare quello li? Ci si domanda. In questo modo nemmeno le immagini che ci siamo costruiti di noi stessi, non ci appartengono veramente. È una crisi di identità vera e propria. Il nostro mondo interno non è più a solo appannaggio nostro, ma è stato violato da oramai molto tempo. L’Antisistema vi è penetrato inesorabilmente, perché “egli” è nato da noi e conosce la strada per entrare ed uscire a proprio piacimento. Questo “potere” sa che noi siamo scintille divine e, perciò, ha diluito al massimo la nostra capacità creativa, il mondo delle immagini, mirando direttamente ai gangli di emanazione di un simile potenziale di co creazione della realtà. Non avendo nemmeno la piena padronanza di noi stessi a livello immaginifico, la volontà ben poco serve per realizzare i nostri sogni. Abbiamo in questo senso le “armi” spuntate, le facoltà lenite, drogate, ipnotizzate, sotto incantesimo. Non sappiamo più chi siamo, perché siamo qua e cosa vogliamo. Al posto degli “intenti” originali subiamo prima uno svuotamento, come se avessimo subito una lobotomia, e poi un’opera di sostituzione dell’originale con un insieme di paccottiglia informe senza energia:

“La lobotomia è un intervento di psicochirurgia conosciuto anche come lobectomia o leucotomia. Consiste nel recidere le connessioni della corteccia prefrontale dell'encefalo. Può essere eseguita con la variante dell'asportazione o distruzione diretta di esse. Il risultato più riscontrato è il cambiamento radicale della personalità. La lobotomia era usata in passato per trattare una vasta gamma di malattie psichiatriche come la schizofrenia, la depressione, la psicosi maniaco-depressiva o disturbi derivati dall'ansia. Oggi la lobotomia viene praticata, in una forma meno distruttiva e più selettiva, in casi di epilessia se il paziente è farmaco-resistente, e prende il nome di: leucotomia temporale anteriore”.
Fonte: Wikipedia

Lo schema da avere sempre presente è questo:

  • il nostro potere di co creazione è legato all’immaginazione
  • siamo controllati già a questo livello interno, perché la volontà non è sufficiente a vincere sull’immaginazione (il controllo non poteva limitarsi al livello della volontà)
  • pertanto l’immaginazione doveva essere “deviata”
  • per questo ogni bambino è un pericolo per questo “potere”
  • per questo ogni bambino viene sottoposto a “lobotomia” tramite le più svariate tecniche (vaccini al mercurio, corpo della madre intossicato, scuole senza senso, alimentazione sottosopra, mancato allattamento materno, televisione, etc. )
Quello che vorremmo fare ed essere nella Vita si adegua al paradigma in corso; essere “qualcuno” significa fare carriera, fare denaro, “contare” per questo motivo. Dentro di noi non c’è una sola immagine che ci rappresenta, ma diverse e, tra queste, c’è quella ideale di noi stessi. Quella più “pura” o vicina alle nostre origini. Questa immagine serve occasionalmente per confrontare il nostro stile di Vita attuale a quello ideale. Ebbene quando ci decidiamo a fare o “sentire” questo confronto, entriamo irrimediabilmente in crisi. Ecco che allora i cosiddetti problemi servono proprio per condurci con le spalle al “muro” e per indurre uno stato interno di “dubbio”. Il dubbio di questo tipo è diverso dal dubbio che ci vede protagonisti nelle scelte e nelle decisioni esterne quotidiane. Non si tratta di scegliere il colore delle pareti della cucina, ma di discernere tra due cammini esistenziali molto diversi. L’Antisistema va per questo motivo temuto e ringraziato. Egli rappresenta la “porta”; una porta che conduce verso la manifestazione del “nostro” volere in ogni caso. La differenza è tutta nella modalità con la quale la “affrontiamo”:
  • con paura e dubbio dovute al condizionamento
  • con fiducia e forza rinnovata se risvegliati a noi stessi
Perché quella “porta” rappresenta comunque la manifestazione del nostro volere? Perché solo noi possiamo scegliere “cosa fare”. Ma in uno stato di incantesimo ciò che “facciamo” è indotto da un fattore esterno.
Nel 2010 sarà mio dovere chiarire e perseguire sempre maggiormente questo messaggio di denuncia e risveglio globale. I tempi sono maturi. Il tempo è “tra di noi”.

“La felice intuizione del Prof. Couè sta in questo: non è la volontà che può mettere in moto le enormi forze subcoscienti che sono dentro di noi, ma la nostra immaginazione. Ma Couè scoprì un altro fatto con le sue acute osservazioni: la passività, l’incapacità di resistenza manifestata dal soggetto suggestionato o ipnotizzato non era la conseguenza della lotta tra lui ed il suggesionatore, come tutti i praticanti hanno ritenuto finora, ma doveva essere la conseguenza della lotta tra l’immaginazione e la volontà del soggetto, e scoprì che, in questa lotta, la volontà soccombeva sempre, senza nessuna eccezione. Anche nella Vita ordinaria, del resto, possiamo osservare in ogni istante questa lotta e la medesima sconfitta della volontà. Se soffriamo d’insonnia, il pensiero di non poter dormire e lo sforzo per riuscirvi (ricorso alla volontà) ci renderà più agitati, più nervosi, allontanando sempre più il sonno desiderato. Se noi invece ricorreremo all’immaginazione, ripetendoci dolcemente: “Io dormo, ora dormo, io posso dormire ecc.”, il sonno non tarderà a calare sulle nostre palpebre. È da questa importante scoperta che il professor Charles Baudouin dell’Università di Ginevra, discepolo di Couè, ha tratto la legge dello sforzo convertito

“Quando una idea si è impadronita della nostra mente al punto da farne sprigionare una suggestione, tutti gli sforzi coscienti fatti per resistere a questa suggestione non servono che a rafforzarla”. 
L’altra legge importante formulata dal professor Baudouin è quella della finalità subcosciente, per la quale: 
“In ogni suggestione, dopo che si è pensato al fine che si deve ottenere, il subcosciente si incarica di trovare da sé i mezzi per realizzarlo”.
Fonte: “Il dominio di se stessi” di Emile Couè